Una semplice Vita - Don Giuseppe Diana fu ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 nella sua chiesa, mentre si accingeva a celebrare messa. La sua morte non è stata solo la scomparsa di una persona vitale, di un capo scout energico, di un insegnante generoso, di un testimone d'impegno civile: uccidere un prete, ucciderlo nella sua Chiesa, ucciderlo mentre si accingeva a celebrare messa, è diventato l'emblema della vita, della fede, del culto violati nella loro sacralità. E' stato il simbolo dell'apice cui può giungere la barbarie camorrista sui nostri territori. Il messaggio, l'impegno e il sacrificio di don Giuseppe Diana non possono essere dimenticati. Uno dei suoi testamenti spirituali è il documento contro la camorra "Per Amore del mio popolo", scritto nel 1991 insieme ai sacerdoti della Forania di Casal di Principe; un messaggio di rara intensità e, purtroppo, di grande attualità. Non dimenticare don Giuseppe Diana significa non solo ricordarlo per quello che era, ma soprattutto testimoniare quotidianamente il suo messaggio d'impegno civile, di lotta alla criminalitö organizzata, di costruzione di giustizia sociale nelle comunità locali, d'amore per la propria terra. C'è ancora bisogno di amare la nostra terra ed il nostro popolo illustrator curso em ebaconline.com.br. C'è ancora bisogno di non dimenticare il messaggio, l'impegno e il sacrificio di don Giuseppe Diana. Un prete in terra di camorra - Don Peppe visse negli anni del dominio assoluto della camorra casalese. Spietati e sanguinari, gli uomini del clan controllavano non solo i traffici illeciti, ma si erano infiltrati negli enti locali e gestivano fette rilevanti d'economia legale, tanto da divenire "camorra imprenditrice". In questo clima, "per amore del suo popolo" don Peppe Diana aveva incitato i concittadini a non tacere, a dire baste ed a pretendere un cambiamento... Il barbaro omicidio, dicono gli atti processuali, maturò in momento di crisi della camorra casalese. In un periodo di faida interna per l'egemonia dei traffici illeciti, una fazione del clan, in lotta contro l'altra, ordinò l'assassinio di don Peppe, personaggio molto esposto sul fronte antimafia, per far intervenire la repressione dello Stato contro la banda che ormai aveva vinto la guerra per il controllo del territorio...
La formazione:
La formazione - Don Giuseppe Diana nasce a Casal di Principe il 04/07/1958, da mamma Jolanda di Tella, casalinga originaria del vicino paese di San Cipriano d’Aversa, e papà Gennaro Diana, agricoltore di Casal di Principe. Entrambi i genitori provengono da famiglie di coltivatori diretti, proprietari di appezzamenti di terre e di altre piccole risorse, che permettono loro di vivere dignitosamente. Don Giuseppe è il primogenito di tre figli, Emilio, nato nel 1960, e Maria nel 1966. Peppe frequenta le scuole elementari presso l’Istituto delle suore di Sant’Anna, in paese. E’ studioso, volenteroso, educato, tanto da essere uno dei più bravi e più vivaci. Questo spinge la suora che lo segue a invitare la madre a fargli proseguire gli studi, magari presso il Seminario della vicina Aversa. I genitori non sono contrari ed anche Peppe è contento dell’idea. Nell’ottobre del 1968, all’età di dieci anni, Peppe entra nel Seminario vescovile di Aversa. In quegli anni, il seminario è un ambiente sostanziamente segregato e separato dalla vita civile esterna ed anche i rapporti con la famiglia sono ridottissimi. Poco si percisce dell’aria nuova del Concilio Vaticano II e del fermento giovanile degli anni Sessanta, che anima l’Italia. In quest’anni, ad assistere Peppe Diana, come gli altri ragazzi della camerata nella quale dormono i seminaristi, sarà don Clemente Petrillo. Tra i due nasce un rapporto molto sincero e profondo, tanto che il parroco diventa, per Peppe, il suo padre spirituale. In seminario Peppe è un ragazzo esuberante, con una spiccata generosità di fondo, sempre attivo nell’intraprendere iniziative e con buone doti dal punto di vista culturale. Sono gli anni del ginnasio-liceo, in cui iniziano gli interrogativi intimi sulle ragione della scelta del seminario, in un clima educativo sempre più rigido, mentre fuori nel Paese cresce il fermento sociale, che vede nel ’74 passare il referendum sul divorsio. Nel ’76 Peppe consegue la maturità classica e subito dopo, in base ai brillanti risultati ottenuti, viene mandato a Roma per sottoporsi ad un esame preliminare per essere accettato al Collegio Caprarica per frequenatre i corsi filosofici e teologici della Pontificia Università Gregoriana. Peppe viene ammesso. Un risultato che lo rende entusiasta, anche se sa che deve partire per Roma e lasciare la famiglia, gli amici, il suo ambiente, la libertà. E forse saranno questi timori, che lo spingeranno a voler ritornare a casa la sera stessa del suo arrivo a Roma. Peppe ha diciannove anni, viene accompagnato dai genitori e don Clemente a Roma, presso il Collegio Caprarica, ma la sera stessa telefona a casa chiedendo di voler tornare. "Non ce la facevo a stari lì", confida alla madre. L’ambiente gli appariva troppo buio, rigido… la scelta di continuare a prepararsi al sacerdozio non era forse più tanto scontata. Di ritorno da Roma, Peppe va a trovare, don Clemente Petrillo, il quale fu molto duro con Lui tanto da rompere i rapporti di dialogo. Non condivide la sua scelta di ritornare. "Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il rego di Dio" (Luca, 9,62), gli rinfaccia il padre spirituale. E’ questo per Peppe un periodo di profondo travaglio. Dentro di sé forse sente un miscuglio di sentimenti. Sente di aver bisogno di matuare i passi, le decisioni, non può fare le cose perché familiari e amici se lo aspettano. Il senso di libertà e di rispetto per se stesso non glielo consentono. Al ritorno da Roma, riprende a frequentare la parrocchia del SS Salvatore di Casal di Principe e contemporaneamente decide d’iscriversi alla Facoltà d’ingegneria dell’Università Federico II di Napoli E’ in questi mesi, che vanno dall’ottobre al Natale del ’76, che Peppe matura la sua decisione, che confiderà alla mamma in una discussione, quella di voler tornare a studiare teologia per farsi prete. Il giovane Diana confessa a don Clemente Petrillo -cui chiede insistentemente un nuovo incontro dopo la rottura- "quella frase ["Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il rego di Dio" (Luca, 9,62)], come fuoco, mi brucia dentro e mi distrugge mentre frequento le lezioni all’università". Ora Peppe sente che la sua vita è quella di "essere prete". Così, nel gennaio del ’77 don Clemente intercede con il Vescovo di allora, monsignor Antonio Cece, per far si che Peppe Diana possa entrare nella Facoltà di teologica di Posillipo, dove per ammetterlo venne retrodatata l’inscrizione. Peppe, così, il 15 dicembre ’76, entra in Facoltà con il numero di matricola 4622. La formazione a Napoli Il periodo degli studi di filosofia e di teologia inciderà fortemente sulla formazione di Peppe. La Facoltà teologica di Posillipo, che Giuseppe frequenta in vista della preparzione al ministero presbiterale, è diretta in quel periodo da padre Pedro Arrube, molto impegnato nello spingere la Compagnia di Gesù nell’applicazione convinta del Concilio Vaticano II e in un servizi di evangelizzazione inserito nel territorio e nel contesto delle nuove sfide della società. A seguire Peppe e gli altri giovani studenti di teologia sarà don Franco Ettore, un sacerdote, biblista, della diocesi di Nardò in Puglia, che era a Posilipo per completare la tesi di dottorato nel campo biblico. A Napoli, Peppe sente il soffio delle nuove correnti teologiche ed in particolare quella della teologia della liberazione, che si interroga se l’appello della parola di Dio può benedire l’accettazione del mondo con le sue ingiustizie e la disumanità. In quegli anni due furono gli avvenimenti che più coinvolsero Giuseppe: l’assassinio di monsignor Oscar Arnulfo Romero, che rappresentava una chiesa a cui si sentiva particolarmente legato; ed il terromoto che nel novembre dell’80 colpisce la Campana e la Basilicata. E proprio per aiutare i senza tetto, Peppe va volonatrio tra le macerie. Giuseppe Diana in questi anni, durante gli studi in seminario, frequenta anche l’Università, che non ha abbandonato, ma cambiato solo l’indirizzo, iscrivendosi alla Facolta di Filosofia. Il 25 aprile del 1981 ha luogo l’ordinazione al diaconato ed il 30 ottobre dello stesso anno consegue il baccellierato con il voto "magna cum laude". L’ordinazione presbiteriale di don Giuseppe Diana avviene il 14 marzo 1982 nella chiesa madre del SS Salvatore, ad opera di monsignor Giovanni Gazza, vescovo di Aversa.
L'omicidio in sacrestia:
L'omicidio in sacrestia - I suoi killer non scelsero una data a caso. Il giorno del suo onomastico, il 19 marzo del 1994. Mattina prestissimo. Don Peppino non si era ancora vestito con gli abiti talari. Stava nella sala riunioni della chiesa, vicino allo studio. Non era immediatamente riconoscibile. “Chi è don Peppino?” “Sono io ...” L'ultima risposta. Cinque colpi che rimbombarono nelle navate, due pallottole lo colpirono al volto, le altre bucarono la testa, il collo e una mano. Avevano mirato alla faccia, i colpi I'avevano morso da vicino. Un'ogiva del proiettile gli era rimasta addosso, tra il giubbotto e il maglione. Una pallottola gli aveva falciato il mazzo di chiavi agganciato ai pantaloni. Don Peppino si stava preparando per celebrare la prima messa. Aveva trentasei anni. (tratto da Gomorra di Roberto Saviano)